venerdì 6 dicembre 2013

CASA MATERNITA’ “LA VIA LATTEA” DI MILANO

 Relazione di Nadia Morello

La Via Lattea è la prima realizzazione di una Casa Maternità in Italia e nasce nel 1990 a Milano. Le Case Maternità sono nate negli Stati Uniti negli anni 70 come luoghi demedicalizzati per l'assistenza ai parti fisiologici. Si diffusero in Europa negli anni 90, soprattutto in Germania e Svizzera. In Italia l'avvento delle Case non fu facile né rapido. Tutto ciò che riguardava la gravidanza e il parto dipendeva (e dipende) dai medici e dagli ospedali e per la donna rimaneva (e rimane) un'esperienza individuale, spesso in solitudine, spesso carica di ansie e paure.
Il grande fermento degli anni 70 e 80 nell'ambito ostetrico vide il formarsi di gruppi e associazioni che avevano l'obiettivo di restituire ai protagonisti della nascita, le madri, i padri e i loro bambini, il diritto ad un'esperienza sicura, intima e partecipata che evitasse gli scempi delle sale parto dei decenni precedenti. Necessitavano quindi altri luoghi del parto, fuori dagli ospedali. In Italia ci fu una spinta verso il parto a domicilio e fu quasi obbligata data la difficoltà di ottenere fondi per aprire nuove strutture e permessi per farle funzionare. A noi capitò un'occasione.
Il progetto iniziale fu quello di una Casa del Parto e questo nome è indicativo di cosa pensavamo di
fare là dentro. Assistere i parti, quelli "normali", a basso rischio, fuori dall'ospedale.
La realizzazione fu possibile grazie all'incontro tra operatori della nascita e operatori del Villaggio
della Madre e del Fanciullo di Milano, un ente laico e privato sorto nel dopoguerra per offrire rifugio e
assistenza ostetrica ed educativa a madri nubili minorenni. La presidente e fondatrice del Villaggio,
Elda Scarzella, e la sua segretaria, la danese Noonfjall,   furono convinte promotrici di quella che
allora veniva chiamata "nascita senza violenza" ed erano altrettanto convinte che una buona nascita
fosse la premessa per una buona relazione mamma bambino. All'interno del Villaggio esisteva una
sala parto (una stanza con un lettino ostetrico) ed esisteva l'autorizzazione per un'assistenza
extraospedaliera alla nascita ma nessuno la utilizzava più da tempo, le ragazze partorivano tutte in
ospedale
Noi volevamo fare in modo che lì, in una casa che non fosse quella della donna, potessero tornare a
nascere i bambini.

Paola Stelliferi Maternità: riflessioni femministe dai primi anni Settanta al Convegno “Chi ha paura della cicogna?”1


“Per rimuovere un'oppressione non c'è altro mezzo
che tornare ai propri desideri originari
 e farli scontrare con la realtà”.
 Carla Lonzi, Taci anzi parla, (p.1140)



Fratture
Questo intervento prende le mosse da un saggio scritto dalla storica Anna Scattigno alla fine degli anni Novanta (La figura materna tra emancipazione e femminismo), ripreso e discusso questa estate alla scuola estiva della Società Italiana delle Storiche2.
Nell'affrontare il complesso e ambivalente rapporto tra neofemminsimo e maternità, Scattigno ha deciso di partire dall'incipit di un testo di Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo3, dedicato alla memoria della generazione del Sessantotto:

“Alle radici della nostra memoria, in decine di storie di vita, trovo una frattura. La nostra identità si costruisce a partire dalle contraddizioni. Anche i racconti che sottolineano la continuità della propria vita estraggono dalla materia autobiografica i temi ricorrenti della scissione, della differenza, del contrasto”.

La frattura a cui si riferisce Passerini - Scattigno è al contempo generazionale e culturale.
La generazione nata nel secondo dopoguerra e cresciuta negli anni Sessanta – nel periodo in cui in Italia si inventava la tradizione e lo stereotipo del “mammismo” (come ha scritto Marina D'Amelia), è stata caratterizzata da una frattura con il passato (da una spinta emancipatrice nei confronti della famiglia, della società e della storia precedente) che è stata ambigua e ambivalente nei confronti dei padri, mentre è stata violenta e profonda nei confronti delle madri: “la madre era tutto ciò che non si voleva diventare nella vita”.

giovedì 5 dicembre 2013

Donne al centro della scena del parto. Riflessioni a partire dal lavoro di Barbara Duden


Silvia Tozzi

Si può dire che il femminismo –con le sue complessità di esperienze e di soggetti- ha subito sconfitte sul piano politico. Ma non si può negare la straordinaria longevità e persistenza di certi sedimenti culturali, a cominciare dal rovesciamento delle categorie maschili sul vissuto corporeo.
Nei nostri incontri sul self-help degli anni ’70 riemerge un lascito che ancora è sentito perfino tra le più giovani.
            In un convegno organizzato dall’Associazione METIS a Milano nel 1998 (Corpi soggetto. Pratiche e saperi di donne per la salute, Franco Angeli, 2000, pp.37-38). Luciana Percovich così descriveva il senso di scoperta  provato nel gruppo per una Medicina delle Donne nei primi anni ’70:
“Quando…cominciammo a parlare con lo stile di allora, cioè partendo da noi stesse, delle varie questioni che i nostri giovani corpi ci ponevano con urgenza –un aborto mal digerito, un inizio di gravidanza minacciato da un’epidemia di rosolia, disagi incontrati con la propria sessualità, e lo facevamo con tutta l’ingenuità, l’apprensione e l’entusiasmo della consapevolezza di sfidare secoli di divieti e tabù- una delle prime cose che balzò ben presto con tragica evidenza ai nostri occhi fu lo stupore nel constatare come tutte le funzioni connesse ai nostri normali cicli fisiologici ricadessero nella sfera della malattia, e quindi sotto il controllo della medicina”. Quello stupore generò gesti di ribellione collettiva. Collegato con questo, “il secondo elemento che ben presto acquisimmo con sconsolante lucidità fu la constatazione di come fosse impossibile delimitare  il discorso che partiva dai nostri corpi all’ambito della salute/medicina, perché riscoprivamo…quel nesso negato-coperto-ridicolizzato con l’avvento della scienza occidentale tra mente-corpo emozioni e desideri”, Aggiungeva: “E sarà utile ricordare che allora non eravamo in molti né in molte a cercare di rimettere insieme ciò che era stato separato, qualche secolo prima, con la violenza unita di Chiesa e nascente corporazione medica”.   

Il ruolo dell’ostetrica negli ultimi trent’anni


Ornella Fantini, ostetrica

Scaletta:

-I dati italiani dopo 30 anni dal Convegno “ Chi ha paura della cicogna’”

-Il percorso formativo delle ostetriche. Laurea breve . Percorso di studio. Quale esperienza?

-Il ruolo del Medico. Il parto negli ospedali. Medicalizzazione e indicazioni.
Epidurale sì, epidurale no. Gestione patogenica della nascita e ostetricia difensiva.

-Età materna – scelte e priorità

-I corsi di accompagnamento alla nascita – Informazione – Allattamento – Scelta dei luoghi del parto

-Decreto Legge 29/2011- Regolamentazione / Rimborso parto extraospedaliero. Punti di forza e criticità.

-Nascere a Roma

- Il ruolo delle ostetriche e il ruolo delle donne oggi nel parto .


DAL GRUPPO MADRI AL GRUPPO NONNE

Patrizia Regazzoni
Il mio primo incontro con il femminismo e' stato con il COLLETTIVO SULLA SALUTE DELLA DONNA   e il self- help in una giornata che non ho più dimenticato al Teatro della Maddalena
Entro e vedo stese su non so cosa, tavoli o scrivanie, delle ragazze che si stanno facendo l' autovisita, circondate da altre ragazze molto interessate e attente e si discute:
del modo di inserire bene lo speculum, del colore della cervice, di come tenere un diario sull' autovisita per vedere i cambiamenti giorno per giorno, insomma vedo un contatto con il proprio corpo che non avevo mai neanche potuto pensare. Naturalmente e' un colpo di fulmine, un vero innamoramento, e io, ho scoperto, sono un tipo fedele, non ho più abbandonato le donne.
Entro a far parte del collettivo sulla salute delle donne e ci rimarrò per diversi anni.

Negli stessi anni , e' il 1976, con alcune compagne che abitavano nella mia strada, Anna, Annamaria, Rita,  facciamo nascere Il COLLETTIVO MADRI
Il primo femminismo della fine degli anni 60 e degli inizi dei 70, di fronte ad una maternità talmente invadente da impedire spesso la ricerca della propria identità, ne ha preso le distanze, ponendo soprattutto l' accento sulla sessualità e sull' autodeterminazione. Per esistere come soggetti e' stato necessario che le donne compissero, in una prima fase, una rottura anche cruenta ( la mutilazione di una parte di se') con l' unica identità da sempre ammessa. Si discuteva del ruolo materno svolto da alcune donne all' interno dei collettivi o del rapporto con la propria madre, ma si faticava ad analizzare se stesse come madri. Questo anche perché la maggior parte delle donne del movimento che prendevano la parola,  avevano scelto in quella fase di non avere figli e perché quelle che li avevano tacevano, sentendosi svalutate in una condizione ancora relegata in un privato incomunicabile, che pareva differenziarle dalle altre.

martedì 3 dicembre 2013

DAL SELF HELP AD UNA NUOVA CULTURA DELLA NASCITA


Angela Petrotta, psicologa

Nel preparare questo intervento ho cercato di ricostruire il percorso che ci ha portato ad organizzare il convegno “chi ha paura della cicogna?” e a continuare ad occuparci di quelle tematiche anche negli anni successivi.
            Non è stato facile mettere ordine nel turbine di ricordi ed eventi di una fase storica così ricca e stimolante, a livello sia dell’impegno politico che anche della mia vita personale. Le date nella mia memoria erano incerte e ho dovuto ricostruire il percorso storico seguito cercando anche tra l’abbondante materiale (libri, documenti…) che ho conservato.
Negli anni ’70 all’interno del movimento femminista grande attenzione veniva data ai temi legati al rifiuto del ruolo femminile tradizionale di moglie e madre e alla cosiddetta “liberazione sessuale”.
A questo proposito l’attenzione era concentrata sulla contraccezione e sulla lotta per la legalizzazione dell’aborto, visti come presupposto alla liberazione dal vincolo biologico che storicamente aveva sempre confinato le donne in quei ruoli

            Anche all’interno del gruppo femminista per la salute della della donna (self help), che concentrava il suo impegno nel ridare alle donne la competenza sulla propria salute, l’attenzione era data soprattutto al ciclo mestruale, alla contraccezione, alla sessualità. 
            Nel convegno organizzato dal gruppo di self help nel 1977, per la prima volta tra i vari gruppi di approfondimento delle diverse tematiche legate alla salute, si affacciò timidamente il “gruppo maternità”.