mercoledì 21 novembre 2012

17 novembre: le donne immigrate del Consultorio di piazza dei Condottieri (Pigneto) e la contraccezione - Centro Donne Dalia

Il Consultorio di Piazza dei Condottieri è collocato nel VI Municipio, un territorio che presenta caratteristiche sociali, economiche e territoriali molto varie ed una composizione demografica socialmente e culturalmente eterogenea. Da molti anni, all’interno del territorio si registra un forte flusso di migranti, provenienti da molti paesi tra cui in particolare dall’est europeo, dalle Filippine, dal Bangladesh, dalla Cina, per citare le comunità numericamente più presenti (Open data: www.dati.comune.roma.it). All’interno di molte famiglie e di molte comunità immigrate presenti nel nostro territorio, le donne vivono le difficoltà maggiori sia nell’inserimento sociale e lavorativo, sia nell’accesso ai servizi, sia nella possibilità di usufruirne in maniera ottimale.
Per alcune donne infatti, la cultura del paese di provenienza ed il controllo esercitato dalla comunità di cui fa parte, determina una forte resistenza ad intraprendere un percorso di studio della lingua del paese di arrivo, di ricerca di un lavoro, di conoscenza e di scambio con persone provenienti da contesti culturali differenti.
Questa è per esempio l’esperienza delle molte donne bangladesi, egiziane, marocchine che, giunte in Italia per ricongiungimento familiare, vivono spesso una condizione di isolamento, di dipendenza economica dal marito, di mancanza di inserimento nel tessuto sociale e culturale, con la conseguente difficoltà ad accedere ai servizi, inclusi quelli di prevenzione.

L’Associazione Dalia (www.centrodeonnedalia.org) è nata dall’Assemblea delle donne del Consultorio di p.zza dei Condottieri, ricostituita circa sei anni fa, in un momento di pesanti attacchi ai Consultori. Dal 2010 l’Associazione cura uno spazio che accoglie donne che decidono di intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza.
Il lavoro del nostro gruppo all’interno del Consultorio in realtà è cominciato prima, quando abbiamo avviato, partendo dall’esperienza fatta all’interno del C.S.O.A. ex Snia, dei corsi di italiano rivolti solo a donne all’interno dello stesso Consultorio. I corsi sono tutt’oggi attivi e coinvolgono, dall’anno scorso, anche il Consultorio di via Casilina 711.

L’esperienza del corso di italiano e quella dello sportello di accoglienza sono fortemente legate tra loro, poiché attraverso la creazione di un gruppo di donne che si conosce e si confronta, è più facile far emergere situazioni di difficoltà legate in particolare alla violenza domestica e a tutto ciò che ad essa è connesso; d’altra parte la conoscenza della lingua è una condizione fondamentale per poter uscire dalla violenza, per esempio attraverso la costruzione di un progetto di vita autonomo.

Nei nostri corsi l’italiano è concepito come strumento per avere l’opportunità di scegliere, di informarsi, di decidere sul proprio corpo, per partecipare alla vita sociale, culturale e politica.
Un’attenzione particolare all’interno del corso viene dedicata ai temi che riguardano la salute delle donne e la prevenzione. Questo anche attraverso la costruzione di lezioni che affrontano molto concretamente la terminologia relativa al corpo, alla salute delle donne, ai servizi sanitari.
Nel corso degli ultimi anni, collaborando con il servizio di prevenzione del Dipartimento materno-infantile, abbiamo organizzato per le studentesse del corso giornate di informazione e screening, mentre con la ginecologa del Consultorio abbiamo realizzato un incontro centrato sul tema della contraccezione, da cui è emerso un notevole interesse da parte delle allieve, che in quell’occasione hanno ascoltato e posto numerose domande, con l’aiuto di una mediatrice linguistica.
I dati relativi al Consultorio di p.zza dei Condottieri dicono che le donne immigrate che hanno richiesto una consulenza ginecologica o ostetrica, sono state nel 2011, 371 su un totale di 1.157, circa un terzo. Percentuali simili si registrano al Consultorio di via Casilina 711 (485 su 1401). La presenza di donne immigrate, sale con l’età, così come accade anche per le donne italiane, ma con percentuali diverse, fino a divenire un quinto, per esempio nella fascia di età che va dai 15 ai 17 anni (6 su 26). 
Sappiamo, dalle operatrici, che le donne provenienti dal Bangladesh, rappresentano la grossa parte dell’utenza immigrata nel nostro Consultorio, raggiungendo circa il 50%; le altre nazionalità numericamente più presenti sono quella filippina, quella cinese, quella egiziana, quella marocchina, quella rumena, quella ucraina.
Secondo quanto abbiamo rilevato da un’intervista alle operatrici, del primo gruppo di donne, quelle provenienti dal Bangladesh, quasi nessuna arriva al Consultorio per chiedere informazioni o assistenza per la contraccezione. L’uso di contraccettivi viene eventualmente proposto nel corso della visita ginecologica. La situazione è simile per quanto riguarda le donne egiziane e marocchine, mentre per le donne provenienti dalle Filippine, dall’est europeo o dalla Cina si riscontra una maggiore conoscenza dei metodi contraccettivi ed  una maggiore consapevolezza nel loro uso.
Lo scarso utilizzo da parte delle donne immigrate del Consultorio o di altre strutture pubbliche per chiedere informazioni sulla contraccezione, emerge anche dal dati raccolti presso l’Istituto di Medicina Solidale (Tor Bella Monaca), che accoglie soprattutto donne provenienti dalla Nigeria, da cui emerge che solo l’1% delle donne che effettuano il primo accesso usa metodi contraccettivi, mentre la maggior parte ne viene a conoscenza durante il percorso sanitario intrapreso.
Da quanto appreso nel corso di una intervista alle operatrici del nostro Consultorio, circa l’uso di contraccettivi da parte delle donne immigrate, risulta che:
la maggior parte delle donne bangladesi usa il preservativo, in pochi casi viene usata la spirale;
la maggior parte delle donne filippine usa la spirale e in misura minore la pillola;
la maggior parte delle donne rumene usa la pillola e in alcuni casi la spirale;
la maggior parte delle donne egiziane e marocchine usa la pillola, prevalentemente dopo diverse gravidanze;
molte donne cinesi usano l’anticoncezionale sottocutaneo (nexplanon), in alternativa la pillola.
Dall’intervista è emerso inoltre che molte delle donne immigrate che hanno scelto la pillola come metodo contraccettivo, ne hanno fatto un uso scorretto, incorrendo in gravidanze non desiderate. Questo dato è confermato anche dall’Istituto di medicina solidale.
Da questi dati, seppure indicativi, emergono alcune riflessioni; tali riflessioni sono supportate dalla nostra esperienza diretta. La stragrande maggioranza delle donne immigrate che frequenta il Consultorio, in merito all’uso di metodi contraccettivi, subisce la scelta del marito. La situazione che si verifica più spesso è che il marito sia presente al colloquio ginecologico e faccia da mediatore tra la donna, che non parla l’italiano, e l’operatrice. Questa situazione si traduce in molti casi in una generica dichiarazione di responsabilità del marito, per cui “ci penserà lui”.
A tale situazione, molte donne non si oppongono. Parliamo del caso di Nishita (i nomi sono inventati), una donna bangladese, che ha frequentato per alcuni anni il corso di italiano e quello di sartoria. Nishita ci ha comunicato di essere in gravidanza poco tempo dopo averci detto apertamente di non desiderarla poiché per lei era già abbastanza faticoso occuparsi di una bambina stando qui  da sola. Ci ha spiegato poi che suo marito aveva deciso che era il momento di avere il secondo figlio.
Anche Eva viene dal Bangladesh. E’ sposata e ha una bambina. Ha frequentato il corso di italiano per alcuni mesi. Dopo un po’ di tempo sono emersi dei problemi di violenza domestica per cui si è rivolta al Centro antiviolenza. Dopo un lungo percorso fatto di denunce, soggiorni in casa di accoglienza, tentativi di ricongiungimento, Eva vive ancora con il marito, tra le sue ansie c’è quella di una gravidanza, poiché anche in questo caso decide lui.
Fatema è marocchina ed ha frequentato il corso per alcuni anni. Dopo il primo figlio, vorrebbe aspettare ad averne un altro. Ci chiede aiuto per capire come può fare. L’operatrice le spiega le varie soluzioni. Lei chiede una soluzione che non coinvolga il marito, poiché lui si rifiuta di usare metodi contraccettivi.
Pensiamo che in questi tre casi descritti brevemente, la soluzione possa essere quella di costruire un rapporto diretto con la donna, non mediato dal marito. Per realizzare questo è necessario che nelle strutture sanitarie e nel Consultorio in particolare, le operatrici e gli operatori siano affiancati da mediatori linguistici in grado di rendere possibile per le donne la comunicazione dei propri bisogni e la piena comprensione delle informazioni trasmesse. Attualmente questo ruolo, a causa della continua riduzione di finanziamenti nel settore, viene svolto in molti casi dal marito che inevitabilmente esercita il proprio potere decisionale nei confronti della moglie e di fronte alla comunità di appartenenza. Anche la semplice diffusione di materiale informativo, sul tema della contraccezione, tradotto nelle varie lingue, è un intervento di facile attuazione e di certo utile.
Più in generale, emerge la necessità di un maggiore e più serio investimento nel settore della mediazione e comunicazione rivolte alle persone immigrate ed in particolare alle donne. I servizi e gli investimenti nel settore dell’immigrazione sono spesso trattati come emergenza da risolvere, mentre manca un progetto complessivo che ne favorisca il pieno inserimento e garantisca loro la piena fruizione di un diritto fondamentale come quello alla salute. E’ necessario a nostro avviso investire delle risorse in questo ambito e progettare interventi complessivi a breve, medio e lungo termine, che possano consentire alle donne di accedere ai servizi in maniera progressivamente più consapevole e partecipata, in modo da facilitare la loro libera scelta.

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