lunedì 17 settembre 2012

Materiali del 21 aprile (mattina) Intervento di Luciana Percovich


Il self-helh femminista come Iniziazione
e il ruolo delle Crone, le donne sagge.


   Buongiorno a tutte! Ines prima ha detto che, forse, abbiamo l'età in cui sarebbe anche giusto sederci, fermarci e ascoltare. Io temo di no, e non solo per la pressione del tempo presente, ma soprattutto perché noi adesso siamo le Crone, un archetipo femminile molto interessante e importante, quello della anziana "donna saggia". La Crona è stata per millenni il centro della vita sociale, non solo della famiglia ma di interi gruppi di donne e uomini, che guardavano a lei e l’ascoltavano con rispetto in quanto incarnava il sistema di valori che regolava la convivenza umana, quando questa era animata da principi che miravano allo scioglimento dei conflitti e ad evitare che le inevitabili spinte dell'aggressività sfociassero in situazioni di aperto scontro. Quando le vecchie sagge erano al centro del sistema sociale o, come lo chiameremmo oggi, "politico", lo scopo condiviso era quello di sciogliere i contrasti e ritrovare l'equilibrio e l'armonia, in un gioco costante di attenzione e intelligenza. Anche se questi non sono i valori della società in cui viviamo, abbiamo la possibilità di condividere con le nuove generazioni il nostro sogno di Femministe e di passare loro quello che abbiamo imparato nel lavoro di lunghi anni.

Come Crone, perché questa è la fase della nostra vita in cui stiamo entrando, alla nostra generazione tocca anche il compito di riscoprire questo ruolo. Come possiamo quindi passare alle donne più giovani il distillato della nostra pratica del self help?
   A me, ad esempio, piacerebbe passare loro una cosa che ho capito a posteriori, dagli studi che ho fatto negli ultimi anni sulla storia remota delle donne. La pratica del self help l’ho vissuta a Milano, dove è stata in parte diversa da quella di Roma, ma con elementi di fondo assolutamente condivisi. Dunque, mi sono chiesta anch'io perché mi sono trovata a far parte di un gruppo di self-help, quale fosse stata la spinta più profonda rispetto alle ragioni più contingenti di allora (desiderio di conoscere il mio corpo, di capire il mio ciclo mestruale e volontà di fornirmi di strumenti di base di autocura), che cosa avesse alimentato il mio coraggio ad affrontare un rapporto così intimo e ravvicinato con il mio corpo e quello delle altre donne. Ebbene, ora capisco che cercavo un legame davvero profondo, quale solo un "rito d'iniziazione" poteva dare, e il self help è stato un rito di iniziazione inventato di sana pianta nella sua forma, ma corrispondente nella sostanza proprio a quelle pratiche di un tempo lontano che servivano a riconoscere la specificità e la potenza del corpo femminile, a ricevere le une dalle altre la conferma della propria donnità, della fierezza e della gioia di essere nate in un corpo di donna: messaggio che non ci veniva assolutamente da nessuna altra parte, al contrario, tutto mirava (e mira) a disconfermare, sminuire o colpevolizzare il corpo delle donne. E questo “rito” ci era arrivato in dono dalle sorelle americane che, in questi ultimi cent’anni, sono state spesso alla guida del carro su cui siamo salite: davvero molte cose ci sono arrivate da loro, cose che noi, poi, abbiamo rivedute e corrette, fatte nostre e rielaborate. Ma la spinta iniziale di tutto il movimento femminista degli anni ’70 è arrivata dal mondo anglosassone, e questo va riconosciuto. Anche per me Anne Noon è stata un forte punto di riferimento!
   Quello che voglio sottolineare è che abbiamo avuto la capacità di praticare un modo di stare insieme che nella sua essenza riportava in vita il Cerchio delle donne che, per millenni, era stato come il cemento tra donne e, quindi, anche della convivenza rispettosa tra donne uomini. Attraverso il self-help abbiamo rimesso in moto questo processo di impoteramento. Laura Cima, del self-help di Torino, quando ci siamo rincontrate in occasione della scrittura de La coscienza nel corpo (2005), ha detto una cosa in cui mi sono riconosciuta profondamente: "Guarda che le donne che hanno fatto self-help, voglio dire noi che abbiamo fatto self-help, ci riconosciamo anche a distanza di anni perché abbiamo una particolare fiducia in noi stesse!".
Sempre Ines ha raccontato di non aver mai visto il seno di sua madre; per quel che mi riguarda, io non avevo ricevuto da mia madre neanche un nome per i miei genitali, si riferiva ad essi dicendo "là sotto". Ecco, è proprio così, è proprio là che il patriarcato ha fatto terra bruciata, rendendoci estranee a noi stesse, al nostro stesso corpo, a quella parte di noi così potente. Là ha colpito più duramente la repressione: non poter guardare, non poter nominare. Là si mina alla radice il nostro senso del Sé. Il self-help rispose al mio desiderio di prendere possesso del mio "là sotto", di me stessa. Abbiamo messo un gran disordine nella società dei padri, in quei decenni, ma la deriva delle nostre azioni e pensieri non sempre ha generato cose in cui ci riconosciamo.
   Come Crone dobbiamo imparare a parlare dei nostri tempi passati come lievito del presente e del futuro, e quello che sto per dire va in questa direzione. C'è una generazione di mezzo di donne, tra noi e le trentenni-ventenni con cui è più facile sentirsi in sintonia, in cui si è interrotto il passaggio di conoscenze e di fiducia. Credo che sia un aspetto da non sorvolare ma da osservare cercando di capirne le ragioni. La generazione delle attuali quarantenni, salvo alcune eccezioni, si porta dietro un nuovo tipo di conflitti non risolti con le proprie madri, anche con quelle non necessariamente toccate dal femminismo, ma che comunque hanno espresso in vari modi un rifiuto del ruolo di “madre patriarcale”. Le “femministe” sono uscite di casa portandosi appresso, come una borsa, figlie e figli, finché erano piccoli/e, e, quando crescevano, hanno trovato nuove sostitute-mamme a ore, generando verosimilmente una sensazione di non totale accoglimento nei figli/e stesse. La maggioranza invece ha solo percepito qualcosa di nuovo nell’aria che le ha autorizzate comunque a esprimere in qualche modo la propria situazione di non scelta-non libertà dai vincoli famigliari patriarcali. E anche in questo caso figli e figlie ne hanno fatto esperienza, perdendo le certezze dei ruoli e dei divieti ma senza un vero progetto/sogno riconoscibile davanti a sé. Ho cominciato a riflettere su queste cose perché mi sono trovata in situazioni di competizione e di conflittualità con le quarantenni negli ultimi anni, e spesso ho intravisto che in me riflettevano la storia con la propria madre. Se ci pensate, è anche la generazione che le madri hanno portato subito dal ginecologo, o dalla ginecologa. Ed è quella che finora più si è affidata al parto cesareo. Sembra quasi una nemesi generazionale: noi abbiamo lottato duramente per sottrarre alla medicalizzazione la fisiologia femminile, e la generazione dopo è tornata in massa alla medicalizzazione.
    Allora io credo che questo sia un tema interessante su cui riflettere: non possiamo semplicemente accontentarci di dire che è normale che le figlie si ribellino alle madri, che è fisiologico. Sarà fisiologico in una società patriarcale, non certo in una struttura sociale che vorremmo costruire diversa. Provo un dispiacere, un dolore profondo quando leggo i dati sulla chirurgia estetica e sui parti cesarei. Questo dolore vorrei riuscire a scioglierlo proprio con voi, perché siamo state noi a portare i nostri corpi nei gruppi di donne! D'altra parte, siamo sicuramente una generazione di madri ingombranti sia per le nostre figlie biologiche sia per le nostre figlie in senso affettivo e di condivisione di ideali, dobbiamo tenerne conto.
   Sulla situazione attuale delle donne, sulla difficoltà a dar vita a pratiche politiche continuative e incisive, così com'era avvenuto negli anni '70, sto riflettendo anch'io. A questo proposito penso a una frase di Mary Daly nel suo ultimo libro, e la rivedo qui, proprio in questa sala, seduta a questo tavolo. Dal mondo da cui ora ci guarda, ancora la immagino ripetere questa frase: "Quale shock sarà sufficientemente forte per smuovere e risvegliare infine le donne?" Non c’è una risposta pronta, possiamo solo sperare che ogni azione che intraprendiamo, che ogni momento sia quello buono a innescare questo definitivo risveglio.
 

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