lunedì 10 settembre 2012

Materiali del 21 Aprile (mattina) Intervento di Silvia Tozzi

 Il self-help e il rapporto delle donne con la medicina

          Non vorrei dire troppe cose, perché avremo modo di parlare anche nel pomeriggio. Certo, è molto bello che qualcuna proponga di riaprire la riflessione, perché io avevo già chiuso nei cassetti sia i ricordi che le carte. Quando ho portato ad Archivia le carte dell’associazione Simonetta Tosi, le ho dovute togliere da casa mia, dopo vicende in cui le avevo dovute rinchiudere in depositi tipo gli abbaini del condominio, con intorno anche qualcuno che mi diceva di buttarle via. Credo che per molte sia stato così. Quindi, come diceva anche Ines, è bellissimo che qualcuna sia andata a leggere le nostre carte, vi abbia trovato interesse perché, per esempio, mi ha scritto l’anno scorso Liliana Barca, che è stata l’anima del coordinamento consultori, dopo che una giovane era andata a casa da lei per una ricostruzione degli anni Settanta: “Sono stata felice, non credevo che la nostra storia potesse ancora interessare”: Dunque, mi fa piacere contribuire a ricercare un filo, anche se anch’io come Ines preferisco essere sollecitata piuttosto che sollecitare, dare una mano sì, ma non ho più l’energia che potevamo avere quando ancora negli anni Novanta ci siamo trasferite qui alla Casa, da Via dei Sabelli, esattamente nel 1996, tentando di fare un ambulatorio, così com’era quello di San Lorenzo che ci eravamo lasciate alle spalle.
Dopo la morte di Simonetta nel 1984, abbiamo iniziato a lavorare come associazione Simonetta Tosi; prima eravamo associazione IRIS, con un progetto di documentazione e controinformazione, analogo a quello del GFSD (Gruppo Femminista per la salute della Donna), tanto è vero che dal ministro della Sanità Altissimo  siamo state noi e loro a presentare un documento per un Centro della salute della donna.
            Simonetta era la figura importante che ha coagulato tante presenze a San Lorenzo. Lei aveva una storia un po’ diversa da tutte noi, in quanto ricercatrice che, secondo Rita Levi Montalcini, avrebbe potuto fare una brillante carriera nel campo della biologia cellulare. Si era laureata in biologia e medicina, e dopo anni vissuti con successo come ricercatrice, scelse di mettersi in relazione con altre donne per riscoprire parti di sé che sentiva mancanti in laboratorio. Questa scelta è stata fondamentale, tanto che ha lasciato il Consiglio Nazionale delle Ricerche  (CNR) ed è entrata nell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), dove ha creato il servizio di vigilanza sull’attuazione della legge 194.  Intanto, su incarico di regioni e comuni aveva organizzato corsi di formazione per il personale sanitario, ad es. sulla contraccezione. La cosa bella è che non si atteggiava ad esperta, ma passava le sue conoscenze a partire dal suo essere donna. In questo modo ha permesso la circolazione tra il momento in cui il collettivo, il martedì, discuteva delle esperienze di vita e la discussione, poi, delle informazioni e dei dati scientifici. Anche voi del GFSD leggevate Lancet, la rivista inglese d’informazione scientifica, e avevate molte informazioni dagli Stati Uniti. Simonetta dava un importante contributo alla sistematicità  grazie alle sue competenze, e aveva una duplice presenza: nel movimento e nelle istituzioni sanitarie. Aveva fatto parte del Collettivo Pompeo Magno. Ha lasciato cartelle di appunti e documenti sulle attività a San Lorenzo e nelle istituzioni e, prima di morire, ha voluto ordinarle insieme ad Ines. Costituiscono il nucleo centrale del nostro archivio.
            Quello di cui sento la mancanza è l’energia che fluiva nel gruppo, nell’autocoscienza, tra donne che potevano passare e poi non farsi più vedere e le altre che restavano; l’energia che dava l’autovisita, che abbiamo cominciato a fare anche con giovani che, poi, sono diventate ginecologhe. Si trattava di un’energia che oggi è difficile ritrovare. In seguito, dagli anni Ottanta in poi, molte hanno cercato personalmente delle soluzioni  che portavano alla professionalità individuale. Quello che non riesco più a capire è come tutto questo potrebbe accadere di nuovo, con quella circolarità, quello scambio che c’era tra l’esperienza di vita, l’esperienza della liberazione dai nostri problemi familiari, che Ines ricordava, l’uscita dalle ristrettezze dei contesti in cui eravamo nate e vissute, il passaggio da questo a una liberazione che ti rendeva autonoma, che ti rivoluzionava la vita. Il perno era diventato quello che si faceva nel movimento, quello che si faceva tra noi, scoprendo, appunto, il rapporto con il nostro corpo. Questo è stato importantissimo perché per me personalmente, era anche una rivalsa nei confronti dei medici e del potere ecclesiastico con il loro ruolo oppressivo. Era per tutte, credo, uno sconvolgimento che ha realmente cambiato le nostre vite in modo profondo.
              Poi, un po’ alla volta, ho visto che c’erano delle antenate. Ho cominciato a occuparmi della storia delle donne medico, ed è’ stato incredibile scoprire tante cose in biblioteca: leggere, per esempio, su un bollettino storico di Pistoia, che un erudito di nome Chiappelli aveva dato notizie su alcune donne medico del Medioevo. Oppure, vedere che a Siena nel Duecento c’era stata una donna, Agnese, capace di creare con l’appoggio del Comune un luogo per partorienti povere: un vero e proprio piccolo ospedale, che soltanto nel Settecento è stato inglobato nella ginecologia ospedaliera universitaria. Sono state delle ricerche molto interessanti che mi hanno portato dentro la Biblioteca Nazionale, la Biblioteca Angelica, la Casanatense  e altre.
            In ultimo, vorrei dire qualcosa sulla circolarità anche internazionale, perché è stata importantissima, con tutti i contatti e le traduzioni. A questo riguardo, ricordo Luciana Percovich e i tanti libri che ci ha fatto conoscere. Penso, prima di tutto, a Le streghe siamo noi, che vale la pena di rileggere e ripubblicare, ad Archivia c’è. Importanti sono stati i contatti con il collettivo di Los Angeles e con il collettivo di Boston, da cui è uscito “Noi e il, nostro corpo”. Negli anni Ottanta avremmo voluto tradurre l’edizione aggiornata, ma la Feltrinelli non era più interessata.
            Infine, vorrei ricordare che Alma Sabatini, figura importante di Pompeo Magno, da un suo viaggio negli Stati Uniti aveva riportato notizie sul self-help e ne aveva parlato sulla rivista Effe.    

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